Missionarie Diocesane di Gesù Sacerdote
intestazione

Oltre Oceano ... in Patagonia

Oltre Oceano ... in Patagonia

L’avventura che sta per iniziare in Sud America, nella lontana Patagonia, deve la sua origine e il suo sviluppo a Mons. Giorgio Canale, nostro amato Padre Assistente che, ricco di una fede luminosa, alla luce dello Spirito Santo promosse, nella diocesi di Fossano, un’apertura missionaria coraggiosa e lungimirante che verrà auspicata dal Concilio Vaticano II.

Questa missione ha visto protagonisti sia i Sacerdoti Diocesani che noi, Missionarie Diocesane di Gesù Sacerdote : abbiamo accolto l’invito del Vescovo di Comodoro Rivadavia per iniziare un gemellaggio tra le due diocesi. A questi seguirono numerosi altri sacerdoti provenienti da diocesi diverse.

Grazie don Giorgio !

Partenza per la lontana Patagonia

 

Oggi, 31 gennaio 2008, festa di San Giovanni Bosco, ricordo e rivivo con commozione e gratitudine il 31 gennaio 1963: infatti sono trascorsi 45 anni dal giorno nel quale sbarcammo con una petroliera in Patagonia e, precisamente, a Comodoro Rivadavia.

 

Si accavallano nella mia mente e nel mio cuore una folla di sentimenti: emozioni, impressioni indimenticabili e, forse, anche irripetibili, nel fare memoria di quella “santa avventura“ che ci ha viste protagoniste per aderire ad un misterioso disegno di Dio.

 

Eravamo consapevoli di non poter contare sulle nostre forze, tanto meno sui nostri limiti umani e spirituali. Ci spaventava il fatto che, certo; avremmo dovuto assumere dei compiti e responsabilità superiori alle nostre forze. Tutte queste nostre paure pare siano state ritenute secondarie dal Buon Dio. Quello che ci era richiesto in quel momento era un abbandono totale e fiducioso in Lui. Infatti, chi guidava la nostra “barca” era proprio Lui e nel Suo nome, solo nel Suo nome, ci invitava a gettare le reti: “Esci dalla tuo terra e và dove ti mostrerò”.

In effetti, il campo di lavoro che ci attendeva non era ancora per noi del tutto chiaro, ma lo sarebbe diventato al nostro giungere in loco.

 

            Non parlo delle motivazioni che hanno determinato e messo in atto questa partenza verso la Patagonia: le troviamo espresse  da Lucia Manassero -Sorella Maggiore dell’Istituto in quegli anni-nella memoria storica da lei preparata, nella quale risulta pure il sapiente lavoro intessuto da Mons. Canale, nostro Padre Assistente, per aprire le porte dell’Istituto verso nuovi campi di presenza, secondo i segni dei tempi.

Attento e docile al vento dello Spirito Santo e alle indicazioni del Concilio, che sollecitava l’invio di Sacerdoti e laici per l’evangelizzazione, nello spirito di comunione e cooperazione tra le Chiese, Don Giorgio non ha dubitato che quest’opera era voluta da Dio.

 

            Così avvenne: il 5 gennaio 1963, nelle prime ore del mattino, Don Giorgio celebra l’Eucaristia nella nostra Cappella di Casa Diocesana. Senza dubbio è stata una celebrazione di intensa emozione, ma soprattutto era un accogliere, nella nostra piccolezza e fragilità, quel canale di grazia che si riversava su di noi in quella Celebrazione del Mistero Pasquale e che ci avrebbe sostenute nella missione che stavamo per iniziare. Gesù Sacerdote ci offriva con Sé al Padre perché ci custodisse nel Suo Amore.

 

            Le parole per descrivere questi eventi sono sempre povere... è meglio lasciar immaginare la carica emotiva che albergava in chi partiva e in chi restava.

I primi saluti con le sorelle erano infarciti di lacrime, ma anche di serenità e pace. Tutte volevamo essere disponibili alla volontà del Padre Celeste e offrire ogni cosa per la Sua gloria.

 

            Nel vento gelido di quella mattina scivolammo giù sul ghiaccio della discesa del Castello di Fossano verso la stazione. A Genova abbiamo trovato i due Sacerdoti già nel porto pronti a partire...Altra separazione: questa volta ci siamo sentite un po’ “orfane”… una ferita al cuore nel lasciare sulla panchina Lucia e il Padre Assistente…

 

Imbarco

 

            Il personale della nave ci sollecitò intanto a prendere posto nella nostra cabina, ammobiliata da due letti a castello, che sarebbe stata la nostra camera per tutto il viaggio. Improvvisamente, la sirena della partenza lacerò l’aria, ma anche il cuore… Tutti i viaggiatori erano sul ponte sventolando fazzoletti.  A poco a poco i nostri cari scomparivano dalla nostra vista, ma continuavamo a salutarli inviando baci e abbracci... il cuore si stringeva e le lacrime rigavano

 abbondantemente i nostri volti. Dal ponte di prima classe, che noi non riusciamo a vedere, un orchestra intona una musica che contribuì ad aumentare la nostra tristezza e ad acuire maggiormente in noi la malinconia, già tanto presente… Intanto la nave inizia il suo movimento, le ancore sono allentate, un motore potente aggancia la nave e ci porta al largo...

 

Inizia la traversata…

 

            Eccoci in pieno mare. Ci guardiamo negli occhi, ci ritiriamo nella Cappellina, veramente accogliente, che sarà il nostro rifugio per tutto il viaggio. Preghiamo, un po’ singhiozziamo, ma presto ricuperiamo la serenità e la fiducia che è doverosa in chi si sente nella volontà di Dio.

 

            L’esperienza vissuta in quella traversata dell’Oceano Atlantico lasciò un segno molto caro ed unico nella nostra vita: dodici giorni in cui abbiamo dedicato tempo allo studio della lingua spagnola, alla preghiera ed alla socializzazione con un numeroso gruppo di famiglie Portoghesi, ricche di bambini, che emigravano in Brasile in cerca di lavoro.

            Noi non conoscevamo la loro lingua, ma offrivamo loro sorrisi, ci prendevamo cura di qualche bambino, mentre le mamme accudivano i più piccoli. Le giornate erano piene di piccole attività da far scorrere velocemente il tempo.

Ah... quei gelati a bordo erano una squisitezza, quanti ne abbiamo mangiati ! Se non sbaglio i camerieri andavano a gara a farcene arrivare sul nostro tavolo più che agli altri. La golosità è sempre stata la mia debolezza…!

Intanto ci avviciniamo, giorno dopo giorno, verso la meta che ogni viaggiatore portava in cuore.

 

“Tra cielo e mare”

 

            E’ bello per me riandare con il pensiero a quelle settimane vissute “tra cielo e mare”, in pieno Oceano Atlantico. Mi piace definirla un’ esperienza unica: isolamento totale dal mondo terrestre, impossibilità di aggrapparci a qualcosa già noto, uno scenario completamente nuovo che ci faceva sentire lontane da tutto ciò che aveva intessuto la nostra vita fino a pochi giorni prima… ma, nel contempo, si assaporava una pace ed una quiete difficili da definire…

 

            Al mattino prestissimo salivamo a poppa della nave per godere e contemplare il sorgere del sole e sorgeva spontaneo un canto di lode a Dio per le stupende meraviglie della creazione. Mi pare di poter dire che ci sentivamo avvolte dal Suo Amore. Poi scendevamo in Cappella per l’Eucarestia e la preghiera personale che potevamo prolungare per tutto il tempo voluto.

Parte della mattinata la dedicavamo allo studio dello spagnolo: la più brava era Pinuccia... io e Teresa faticavamo nel “digerire” la quantità di verbi irregolari… oh benedetta grammatica spagnola,  che supplizio… !

 

La terra si avvicina

 

            Trascorsi gli 8 giorni, un mattino la sirena della nave annunciò l’avvistamento della terra, il Brasile!!! Potete immaginare l’esplosione di gioia, di danze e canti... alcuni dei viaggiatori erano prossimi all’arrivo a  Santos, porto del Brasile, mentre per noi mancavano ancora diversi giorni di navigazione per giungere alla prima meta: Buenos Aires, capitale dell’Argentina.

 

            A Santos è fissata una tappa abbastanza prolungata, allora si scende... ma per noi tre c’è una imprevedibile e inaspettata sorpresa: posta dall’ Italia! Ma come è possibile?  Si, era vero, la nostra gioia è al culmine!  I saluti, i ricordi, le preghiere e gli auguri di buon proseguimento di viaggio... avevano per noi tre un sapore paradisiaco!  Frutto dell’ amore dei nostri Responsabili, Sorelle e familiari che volevano farci sentire la loro vicinanza, il loro affetto. GRAZIE!!

 

A Santos siamo assorbite da un caldo torrido. Pinuccia e Teresa calzano ancora le scarpe invernali, si sentono cuocere  i piedi e decidono di comprare un paio di sandali: eccoci a fare la prima spesa in America Latina. Delusione ! I sandali bianchi sono di plastica, altra cottura e vesciche ai piedi ... tutto è garantito !  Io invece vestivo un abito di lana davvero invernale che mi causava un malessere generale. Così si concluse rapidamente la nostra uscita e, frettolosamente, abbiamo fatto ritorno alla nostra cabina che ci regalava un po’ di fresco.

 

Riprendiamo il viaggio, destinazione Montevideo, capitale dell’Uruguay. Ammiriamo la città dal ponte, ma non si scende. Sbarcano solo i viaggiatori destinati a questo Paese.

La partenza da questa città avrà per traguardo Buenos Aires, che sarà il nostro sbarco, sebbene non ancora definitivo: mancheranno  ancora 2000 Km per raggiungere la nostra meta, Comodoro Rivadavia.

 

Prima tappa: Buenos Aires!

 

Eccoci giunti ! Ad attenderci c’è Monsignor Mariano Perez, Vescovo di Comodoro Rivadavia! Che sorpresa! E’ davvero un incontro emozionante…ci sentiamo sempre più povere e piccole di fronte alle aspettative che ci attendono.  Niente paure!  Gesù viaggia davanti a noi e con noi, non ci lascia mai sole.

 

Iniziano le operazioni di sbarco. Monsignor Perez davanti a noi distribuisce medaglie, rosari e immagini che gli operai accolgono con gratitudine e deferenza... capiamo dopo che questo è il “lasciapassare” più rapido delle valigie e bauli che verranno, più tardi, trasportati a Comodoro Rivadavia.

 

Mons. Perez ha già organizzato, nei minimi particolari, la nostra permanenza in Buenos Aires, permanenza che si protrarrà ancora per più di otto giorni, fino a quando una petroliera non ci “offrirà il passaggio” per Comodoro Rivadavia!

Nel frattempo siamo ospiti nel Collegio delle Suore Salesiane che ci accolgono e ci trattano amorevolmente. Trascorriamo le mattine dedicandoci alla preghiera, allo studio e alla corrispondenza. In alcuni pomeriggi, nonostante il caldo soffocante ed umido, visitiamo, con molto interesse, alcune realtà caritative che si dedicano all’accoglienza di persone con disagi, emarginazioni, povertà, ecc...  Queste visite ci rendono sempre più consapevoli che molto presto, saremo anche noi immerse in simili situazioni.

Niente timori: l’amore del Signore ci precede e ci accompagna, in Lui poniamo la  nostra fiducia e la nostra speranza.

 

Aneddoti

 

            Un pomeriggio, particolarmente afoso,  cambiamo programma: decidiamo di comprare un’anguria per dissetarci. Facciamo molta strada per trovare una piazza alberata per consumare in pace ed allegria il frutto acquistato.  Che triste sorpresa! Nell’aprirla l’anguria cade a terra interamente guasta !  Ci guardiamo con notevole disappunto e, perché no, anche con un po’ di stizza!

Dopo uno spazio di silenzio... cerchiamo di ricuperare l’equilibrio emozionale con una bella risata...e ripartiamo !

 

            Ancora un aneddoto da noi vissuto in quella permanenza.

La prima notte che abbiamo trascorso nel Collegio delle Suore, abbiamo lasciato la finestra aperta per respirare meglio, visto il caldo soffocante. Tutto ad un tratto una di noi lancia un grido di paura... un enorme pipistrello, anche lui impaurito, svolazzava sulle nostre teste.... Come sempre la più coraggiosa è stata Teresa, la quale afferrò una scopa e cominciò a battere l’aria inseguendo il volatile, chiedendo il nostro aiuto. Ma noi, sempre più impaurite, continuiamo a urlare tanto che le Suore accorrono, forse pensando a dei ladri...  Così s’ingaggia una battaglia finché il pipistrello guadagna nuovamente la via d’uscita.  Ah...  finalmente siamo salve ! Commento di Teresa: “Che missionarie di poco valore siete! “ e con ragione!

 

Visita  a Nostra Signora di Lujan

           

Monsignor Perez, che era ospite presso il Collegio dei Sacerdoti Salesiani, prima di fare ritorno in aereo, a Comodoro, con i due Sacerdoti italiani, volle offrirci un breve pellegrinaggio al Santuario della Vergine di Lujan, patrona dell’ Argentina.  Desiderava celebrare là l’Eucarestia di ringraziamento e affidare alla Madonna la nostra presenza ed il lavoro che ci attendeva.

            Grazie, Mons. Perez, oggi stai già contemplando il volto di Cristo, ma ti voglio ringraziare per la tua bontà e delicatezza. Eri un vero maestro ed educatore secondo il carisma di San Giovanni Bosco. Hai esercitato, anche con noi, una carica di umanità ed una paternità spirituale eccezionale!

 

Si avvicina Comodoro Rivadavia!

 

            Finalmente ci giunge la chiamata, tanto desiderata, per la partenza verso il traguardo finale.

C’imbarchiamo sulla nuova “casetta” galleggiante, un  po’ più barcollante: la petroliera! L’accoglienza del personale è calorosa; inoltre troviamo a bordo una signora con due figlie, non è stato difficile tessere con loro un’amicizia, cosicché il viaggio si è fatto piacevole.

 

            31 gennaio 1963 festa solenne di San Giovanni Bosco: nel primo pomeriggio siamo di fronte al “Chenque”  caratteristico promontorio della città di Comodoro Rivadavia!

Gli occhi sbarrati, le parole scarseggiano, il cuore batte forte, non ricordo quali furono i nostri commenti. Certamente un atto di abbandono sereno e fiducioso alla volontà di Dio.

 

            Lo sbarco è avventuroso, la petroliera si ferma in alto mare, altrimenti corre il rischio di incagliarsi. Vediamo avvicinarsi un barcone con su una gru ed un grande cassone...intuiamo cosa sta per succedere. Il personale di bordo ci spiega che il cassone sarà depositato sul ponte e noi tre vi dovremo entrare perché la gru lo aggancerà e, alzandosi sopra il mare, ci depositerà sul barcone per essere trasferite sul piccolo molo che ci immetterà sulla spiaggia.

Volevamo vivere questi momenti in serietà, ma qualche urlo, non troppo controllato, ci è sfuggito…!

 

Finalmente arriviamo…

 

            Ad attenderci c’è Don Giulio Cigliutti, il suo ampio sorriso è quanto mai rassicurante ed accogliente.

 

 

 

Don Giulio, Sacerdote torinese, Fidei Donum, da un anno si trovava già a Comodoro Rivadavia, su invito di Mons. Vescovo, Mariano Perez. Essendo la Diocesi di nuova erezione, c’era una mancanza di Sacerdoti notevole, infatti i Sacerdoti Salesiani erano impegnati in collegi e scuole. Così Don Ciliutti fu nominato, per un tempo, Parroco della Cattedrale.

Al nostro arrivo ci accompagnò al Collegio Maria Ausiliatrice dove le Suore ci ospitarono cordialmente nell’attesa di occupare il nostro posto nella “casa del Nino”.

Nella stessa ora, contemporaneamente  al nostro arrivo, in Cattedrale si svolgeva la celebrazione e la processione di S.G. Bosco e noi siamo state invitate a parteciparvi.

Non vi so spiegare quanto eravamo stordite! Il commento di Teresa fu: “Siamo proprio dall’altra parte del globo!”: una lingua ancora ostica, visi sconosciuti, un mondo nuovo, con tutto ciò che comporta, scavavano nel nostro cuore pensieri un po’ contrastanti.

Ciò nonostante non è venuta meno in noi la certezza e la pace, sicure che quello era il posto che il Signore ci aveva preparato. Tale atteggiamento ci aiutava a guardare, tutto ciò che ci attorniava, anche con una vena di sano umorismo, proprio quello che Don Bosco inculcava ai suoi giovani.

 

Primi imprevisti

 

Nei giorni della permanenza in Collegio facevamo tesoro del tempo per pregare e per conversare con le Suore nella nuova lingua che doveva diventare familiare per noi.

Ma i piani umani non collimavano con i piani di Dio…fu così che dopo diversi giorni dal nostro arrivo fui colpita da una difterite violenta che si è subito rivelata grave, tanto da essere in pericolo di vita. Io non ho ricordi precisi in merito, in quanto la febbre altissima mi annebbiava la mente.

Le sorelle mi raccontarono poi, visibilmente provate, l’accaduto. Il medico consultato tentò tutte le possibili cure. Ricevetti l’unzione degli infermi e, a poco a poco, ripresi le forze, rendendo grazie al Signore Gesù, insieme a Teresa e a Pinuccia.

 Come sempre, scherzosamente, mi diceva Lucia Racca: “Non puoi ancora morire perché il tuo “fagottino” è ancora piccolo”!        

 

Prima esperienza missionaria

 

Dopo questo evento un giorno il Vicario Generale, Mons.Passino, che si è rivelato nel tempo, il nostro Angelo custode, venne a farci una proposta che subito ci sembrò un po’ prematura; in seguito abbiamo capito che era sua intenzione introdurci anche nel campo dell’evangelizzazione.

Così Pinuccia e Teresa partirono per inoltrarsi nella sconfinata “pampas”, ancora Diocesi di Comodoro Rivadavia. Lì si dedicarono agli adulti e ai bambini per prepararli ai Sacramenti dell’iniziazione alla vita cristiana: strade sterrate, vento e polvere da non poter procedere, ma gli abitanti le accolsero con grande gioia e riconoscenza! Pinuccia, che aveva meno difficoltà nella lingua, si dedicò alla catechesi degli adulti e Teresa intratteneva i bambini, facendoli giocare.

Il linguaggio dell’amore non conosce confini…così iniziarono le visite agli ammalati, alle famiglie, portando conforto e aiuto a quella popolazione tanto provata.

Io, ancora convalescente, essendo libera da altri impegni, cominciai a visitare i nostri bambini della “Casa del Niño”, stando nel cortile; ritenevo opportuno non addentrarmi più di tanto per non creare scompiglio. Il Vicario Generale mi comunicò, finalmente, che, al ritorno di Pinuccia e Teresa dalla loro missione, avremmo iniziato il nostro servizio nella “Casa del Nino”.

A dire il vero, questo posticipare il nostro ingresso, ci lasciava un po’ perplesse!( l’avremmo capito meglio in seguito!)

 

 

 

Battuta d’arresto!

 

Venne così il momento di avviarmi, con la mia valigia, verso la nostra futura casa. Ad attendermi c’era una signora con un cipiglio tutt’altro che accogliente; cercai di salutarla con tutto il garbo possibile. La signora mi rivolse una domanda con molta fermezza: “Chi è lei? Cosa viene a fare qui? Chi l’ha mandata?” Tentai di spiegarle chi ero e che venivo con altre due sorelle per l’assistenza ai bambini di questa casa, le dissi che la nostra presenza era stata accordata tra Mons.Perez, Vescovo di Comodoro e i nostri Responsabili d’Italia. La signora (che era la Presidente delle Dame di beneficenza), non si scompose e continuò a farmi una sequela di domande, tipo polizia investigativa.

Io rimasi impietrita, senza pronunciare più una parola, solo i lacrimoni scivolavano abbondanti sul viso, senza capire nulla di ciò che stava succedendo…La signora mi impose, allora, con autorità: “Signorina, prenda la sua valigia e se ne vada di qui immediatamente, altrimenti l’avvocato, che già è informato del caso , la metterà fuori d’ufficio!”

Lo sa Dio cosa è passato dentro di me in quel momento! Raccolsi la mia valigia, mentre la testa e il cuore scoppiavano, e uscii. Le gambe non mi reggevano, mi sedetti sullo scalino esterno della casa e detti libero sfogo al singhiozzo. Ricordo che interrogavo Gesù: “Perché questo? Cosa è successo? Ma allora, perché siamo qui? Nessuno viene a darmi una spiegazione? Attesi così il rientro delle due Missionarie che arrivarono poco dopo. Le informai dell’accaduto, quindi ci dirigemmo verso il Vescovado per incontrare il Vicario Generale che era assente, come pure Mons. Vescovo.

Al rientro di Mons. Passino, lo informammo della situazione, lui non si stupì più di tanto (forse per lui la guerra era in corso da tempo…), non ci disse molte cose e, dopo alcune telefonate, ci accompagnò in una locanda a pernottare e ad attendere le nuove disposizioni. Non potevamo, infatti, rientrare nel Collegio in quanto il mattino seguente arrivavano le studenti per l’inizio dell’anno scolastico.

Ritrovateci noi tre sole non furono necessarie tante parole, non volevano assolutamente lasciarci dominare da sentimenti di scoraggiamento, tanto meno da risentimento o rancore. Ricordo che ci siamo guardate e ci siamo dette che questo era uno scherzo del Buon Dio!

 

Alla luce della fede

 

Dopo la cena ( che nessuna di noi desiderava consumare) ci siamo riunite per leggere questo evento con gli occhi e il cuore di Dio, ci siamo richiamate alla mente la vita di Gesù che, innocente, è stato maltrattato e umiliato, ritenuto un malfattore, condannato a morte; Lui, il Figlio di Dio, il Santo, Lui, il Dio stesso ha sofferto queste ignominie per amore nostro!

Questa luce è stata un balsamo sulla nostra ferita e ci ha permesso di vivere questo fatto con una nuova disposizione interiore, nella pace del cuore.

 

Ecco il momento tanto desiderato…!

 

Passarono pochi giorni e Mons. Passino ci invitò a entrare finalmente nella “Casa del Nino” per iniziare un cammino che ci avrebbe permesso di condividere, come mamme, la vita di questi bambini bisognosi di tutto, ma specialmente bramosi di amore del quale erano stati derubati.

Erano orfani, abbandonati da entrambi i genitori a causa della morte o malattia, per abbandono volontario o per tragedie familiari.

La situazione ambientale lì incontrata superava ogni nostra immaginazione, è proprio il caso di dirlo: da mettersi le mani nei capelli e non sapere da che parte iniziare.

Non mi sento e non lo ritengo opportuno descrivere nei dettagli il quadro di degrado incontrato. 

Ci guardammo attorno sbigottite per il cumulo di lavoro che ci attendeva…guardammo avanti con speranza e fiducia, ci rimboccammo le maniche e intraprendemmo con coraggio, ma anche con gioia, il nostro lavoro. Vi confido che i protagonisti principali nell’aiutarci a non arrenderci furono certamente i bambini! I piccoli, e anche i più grandicelli si incollavano alle nostre gonne, affamati e assetati di affetto, ci tendevano le loro braccine per essere accolti, coccolati…non avevamo abbastanza braccia per tutti…Il  pronunciare, rivolgendosi a noi, la parola “mamma” offriva loro una nuova sensazione di calore familiare di cui erano carenti.

Non abbiamo fatto cose straordinarie, ma il vivere, il condividere con loro le giornate scandite dai piccoli impegni ed anche le notti, ci ha permesso di colmare un po’ le lacune che questi bimbi portavano in cuore, offrendo loro una vita più serena.

L’Eucarestia quotidiana e l’ora di adorazione che facevamo a turno erano il nostro sostegno nella fatica di ogni giorno e ci hanno permesso di far fronte, con animo generoso, a questo situazione.

Fin dall’inizio ci siamo occupate della loro salute, abbastanza minata, se pensiamo che un numero considerevole dei piccoli era affetto da TBC in atto.

Era quindi urgente sottoporli a cure mediche per molto tempo per cui si rendeva necessaria la presenza di un’infermiera.

 

La prima visita della nostra Responsabile

 

Ci raggiunse allora Franca Cravero, accompagnata da Lucia Manassero, nostra Responsabile.

Essendo infermiera, Franca si occupò prevalentemente della salute dei bambini: ogni mattina, tranne il sabato e la domenica, partiva per l’ospedale con un bel gruppo di bimbi per ricevere le cure necessarie. Ricordo con riconoscenza l’amorevole attenzione e cura dei medici dell’ospedale di Comodoro, tanto da rendere quasi piacevole, ai bambini, sottoporsi alle cure.

Intanto il tempo scorreva veloce e la nostra vita quotidiana era completamente assorbita da questa nuova realtà. Ci siamo divise le responsabilità, per coprire i diversi e urgenti ambiti della casa: Teresa si occupò del vestiario (tutto da inventare!), della biancheria, di tutte le attività manuali;

le bambine più grandi si impegnarono in un corso di maglieria e ne sono uscite maglie bellissime… Franca, oltre a occuparsi della parte infermieristica, aveva il compito di accompagnare i bambini, nei tempi liberi, a passeggio sul lungomare nei periodi estivi e, di inverno si recavano  in una sala dove venivano proiettate filmine adatte a loro.

Pinuccia, come Assistente sociale, curava i rapporti con il Tribunale dei minorenni e con le Autorità. In casa era abilissima nel preparare festicciole, danze latino-americane molto amate dai bambini, canti (come cantavano bene i nostri bambini!) che lei accompagnava con la fisarmonica per rendere più festosi gli incontri.

 

Gli scherzi del buon Dio continuano…

 

A sette mesi dal nostro arrivo dovetti sottopormi a due interventi chirurgici a poca distanza uno dall’altro: furono abbastanza invasivi, tenuto conto della chirurgia di cinquant’anni fa! Feci la convalescenza presso le Suore canadesi, nostre carissime amiche, giunte a Comodoro Rivadavia tre mesi dopo di noi. Piccoli incidenti di percorso, vero? La Vergine ha vegliato come buona Mamma su di noi anche in questi momenti.

Mi fa bene ricordare che queste circostanze non erano vissute da noi in modo triste, drammatico, anzi, oserei dire nella calma, serenità, come vero passaggio di Dio nella nostra vita che ci aiutava a guardare all’essenziale.

 

Prima Comunione

 

Curavamo con dedizione la formazione cristiana dei piccoli, cogliendo tutte le occasioni per seminare nei loro cuori l’amore a Gesù e la bontà verso tutti.

Alla conclusione del primo anno del catechismo abbiamo vissuto un giorno indimenticabile: la Prima Comunione di un numeroso gruppo di bambini. Era dipinta sui loro volti una gioia indescrivibile, sorpresi nell’essere attorniati da tanto amore e da tante attenzioni da parte di tutti. Davvero tutto era stato pensato e realizzato con sobrietà e accuratezza: il loro Ospite, Gesù, era meritevole di tutti gli onori e…

 

Il seme gettato in quel tempo è fiorito ed ha portato frutti abbondanti nella loro vita!

Eravamo convinte che la trasmissione dei valori umani e cristiani passava anche attraverso la nostra testimonianza di pazienza, di ascolto, di amore verso questi piccoli.

Io avevo il compito di vegliare su tutto questo movimento che brulicava in quella casa, così limitata nello spazio, ma ricca di vita e seguivo il personale di servizio e le assistenti dei bambini.

 

Nell’avvicendarsi dei mesi ci furono molti cambiamenti, ed è normale che questo avvenga.

 

L’amore vince sempre!

 

Una circostanza per noi molto importante si verificò quando, con l’aiuto del Signore, ci fu offerta l’opportunità di stringere una sincera e desiderata amicizia con le Dame di beneficenza, dopo l’iniziale incomprensione e il loro rifiuto nei nostri confronti.

Abbiamo cercato di capire la motivazione della loro reazione, invitandole ad una festa appositamente preparata. Abbiamo avuto modo di sperimentare, con la grazia di Dio, che l’Amore vince sempre! Tra noi era scesa la vera pace di Gesù, tanto da dare inizio a un nuovo cammino di comunione e collaborazione.

 

La vita continua…

 

I nostri piccoli, già cresciuti, sfoggiavano i loro nuovi vestiti ormai con normalità e dignità. Alla S. Messa domenicale e nelle passeggiate erano così belli da essere ritenuti, dalla popolazione, i figli degli impiegati americani (in Commodoro avveniva l’estrazione del petrolio da parte di una ditta americana). In casa c’era tutto un fermento di attività, non mancavano però difficoltà e fatica. Le spese gonfiavano anche nella nostra casa; nei primi mesi avevamo a disposizione il denaro portato dall’Italia, che però svanì presto ! Sollecitammo la presenza del governo e questo richiese lunghe pratiche burocratiche e viaggi alla sede governativa, distante 400 chilometri per sollecitare l’intervento a favore dei nostri bambini. Ricordo che in uno di questi viaggi mi accompagnò Mons. Giorgio Canale, nostro Padre Assistente che venne dall’Italia a farci visita.

“Che bontà, che delicatezza hai sempre manifestato, don Giorgio ! La tua presenza è sempre stata per noi motivo di incoraggiamento e di sostegno nel cammino intrapreso, nella fede e nella generosità verso Dio e verso i fratelli.”

 

Momenti essenziali

 

Elemento essenziale erano i nostri incontri di fraternità che avevano lo scopo di verificare l’andamento della casa, correggere sbagli e rivedere nuove possibilità di orientamento per i bambini.

Soprattutto, però, questi erano i momenti per intensificare la comunione fraterna fondandola sulla preghiera come unica forza per sostenerci e non perdere mai di vista l’essenziale della nostra vita di consacrate : Gesù, è per Lui che eravamo lì a compiere la sua volontà.

In questi momenti con gioia e riconoscenza leggevamo le lettere-circolari inviateci dai nostri Responsabili, dalle sorelle e dai nostri famigliari. Posso dire che, nonostante il lavoro spesso stressante, siamo state fedeli ai ritiri mensili, agli esercizi annuali, anche quando questo richiedeva di percorrere centinaia di chilometri per raggiungere Buenos Aires, Bahia Blanca o il Cile, per unirci a corsi già organizzati da altri Istituti. Un ricordo e una riconoscenza particolare vanno alle Suore Canadesi con le quali eravamo unite da una bella amicizia: ci mettevano a disposizione la loro casa e la cappella per i nostri ritiri mensili. Un prezioso e ricco riferimento spirituale sono stati per noi don Giulio Cigliutti e don Giuseppe Osella; quest’ultimo ci teneva, secondo gli orari a noi possibili, delle riflessioni molto profonde ed esigeva che noi mettessimo per scritto le nostre osservazioni.

 

Aneddoti

 

Mi pare bello fare memoria di qualche aneddoto vissuto con i bambini, momenti questi che coloravano di vivacità e di tenerezza il rapporto con questi nostri figli…

Nel pianerottolo antistante la camera che era adibita a tutti gli usi : Sala da pranzo, sala di accoglienza, ma anche camera da letto per due di noi, era appeso un armadietto di pronto soccorso. Qui, alla sera  dopo cena, i piccoli venivano a ricevere le medicine prescritte dai medici; inoltre, quelli che avevano subito qualche graffiatura o piccoli tagli durante il gioco, venivano a farsi medicare. La fila si allungava ogni sera di più : fu facile scoprire il motivo che ci causò tanta tenerezza ! I piccoli, che non avevano ferite da medicare, intingevano il loro ditino nel sangue di un amichetto e si presentavano, tutti contriti, a porgere quel dito per riceverne la medicazione. Il motivo era molto chiaro : Ogni bambino che si presentava, oltre alla medicazione, riceveva un gesto di tenerezza e di affetto – un bacio, una caramella… - che lo facevano sentire oggetto di attenzione e di cura. I piccoli volavano via gioiosi dopo la loro conquista ! Quanto bisogno di amore evidenziavano questi piccoli fatti.

 

Un mattino la cuoca ci comunica che ha notato, più volte, che viene a mancare una grande quantità di marmellata. Si trattava di scoprire il piccolo goloso ! Il mattino seguente assistemmo all’alzata dei bambini e, mentre sfilavano tutti ancora assonnati, ad un tratto passa Juancito (Giovannino) con il musetto impiastrato di marmellata che corre ai servizi per lavarsi. Dopo colazione avvicino il bambino e gli chiedo : “Ti piace tanto la marmellata ?” Mi risponde un po’ impacciato : “Sì, mi piace tanto !” Gli risposi : “Anche a me piace tanto ! D’ora in poi potrai mangiarne quanta ne vorrai” e così facemmo : Juancito si saziò tanto di marmellata…e il topolino della notte non apparve più !

 

Dobbiamo tanto ringraziare il Signore in quanto, in dieci anni di permanenza tra questi piccoli, un solo ragazzino si è rotto un braccio mentre giocava a scuola. Gli Angeli custodi furono davvero vigili nel vegliare e custodire, in modo speciale, questi bambini che di vivacità ne avevano in abbondanza e moltiplicavano ,ogni giorno di più, le loro marachelle.

 

Prime aspiranti

 

E’ motivo di tanta gioia e riconoscenza poter affermare che per noi, Missionarie Diocesane di Gesù Sacerdote, si stava aprendo un nuovo capitolo in questa terra argentina.

La nostra presenza aveva suscitato interesse in alcune giovani che si dimostrarono desiderose di conoscere la nostra vocazione: iniziò così un cammino di conoscenza reciproca fatta di momenti di preghiera, di condivisione, di formazione alla vita consacrata, vissuta all’interno delle realtà umane: nella propria famiglia, nella professione, nella realtà sociale ed ecclesiale.

Come non ringraziare Gesù Sacerdote e La Vergine Madre per questi doni ? Il pensiero di comunicare questa notizia ai nostri Responsabili in Italia ci riempiva di gioia, come lo fu anche per loro. Certo, questo ci impegnava maggiormente e ci stimolava ad essere, sempre più, testimoni credibili dell’amore di Dio.

 

Nuova esperienza…

Proprio in questo momento più impegnativo e delicato ci giunse una sollecitazione da parte di Mons. Vescovo per una nuova missione : la catechesi famigliare, che egli riteneva importante organizzare in diocesi, prima nelle parrocchie della città per poi estenderla anche alle altre parrocchie.

A questo scopo era necessario che Pinuccia lasciasse la sua attività alla Casa del Niño e partecipasse ad un corso per animatore che si teneva a Buenos Aires. E così avvenne ! Dopo tre mesi, al ritorno da Buenos Aires, Pinuccia diede inizio a questa pastorale famigliare, in collaborazione con un sacerdote; questa iniziativa si rivelò molto preziosa e diede abbondanti frutti.

 

Sacerdoti Fidei Donum

 

A partire dall’anno 1963, in seguito al Concilio Vaticano II, La Chiesa si apre a nuovi orizzonti… Diversi Sacerdoti della Diocesi di Fossano varcano l’oceano per raggiungere la lontana Patagonia su invito del Vescovo di Comodoro Rivadavia, Monsignor Perez.

 

La Diocesi di Comodoro Rivadavia era di recente costituzione.

Il primo Sacerdote che raggiunse Comodoro Rivadavia fu don Giulio Cigliutti, della Diocesi di Torino.

 

Don Renzo Abrate, giunge in Comodoro Rivadavia il 28 gennaio del 1963 e viene destinato ad un “barrio” della periferia dove tutto era da organizzare. La comunità parrocchiale che costituì don Renzo abbondava di tanti abitanti, in maggior parte cileni, con tanti bambini. Nasce così la Parrocchia di Ceferino Namuncurà, per la quale don Renzo profuse le sue ricche qualità e la sua grande generosità nel ministero sacerdotale. La sua attività fu caratterizzata da una grande fiducia nel Signore alimentata dalla preghiera; amava il silenzio e sapeva adattarsi alle immancabili situazioni di disagio.

 

Seguì a don Renzo Abrate, don Giovanni Pettiti che giunse in Comodoro Rivadavia nel Marzo del 1963, dopo aver esercitato il suo ministero sacerdotale, per alcuni anni, in Brasile.

Fu davvero un pioniere, non si arrese alle molte difficoltà incontrate, non ultimi : un freddo pungente e un vento che sferzava il volto, lui, che proveniva dal caldo del Brasile !

Monsignor Vescovo lo destinò a Sarmiento, una cittadina a 160 Km da Comodoro. Don Pettiti fu un lavoratore instancabile e determinato; in pochi anni vide fiorire una comunità parrocchiale viva e collaborante. Insieme a don Giuseppe Piumatti, che lo raggiunse nel 1968, fondò la scuola agraria. Tre anni più tardi arrivarono a Sarmiento anche le Missionarie Diocesane che si prodigarono nella promozione umana, in particolare della donna e nella formazione spirituale.

 

Un evento doloroso

 

Ed ora facciamo memoria di un gravissimo e doloroso lutto che ha colpito la Chiesa tutta di Comodoro Rivadavia. Era giunto, nei primi del 1965, don Matteo Accastello, proveniente dalla Diocesi di Torino. Fin da subito fu molto stimato; era un sacerdote di vasta cultura, soprattutto di profonda vita interiore, di preghiera e di un filiale amore alla Madonna. Ma i progetti di Dio per questo giovane sacerdote di 42 anni erano per noi sconosciuti e misteriosi ! Il 18 Agosto 1965, nell’ora dell’alzata dei bambini, mi giunse una chiamata urgente dal Vescovado (la Casa del Niño era attigua al Vescovado), nell’atrio trovai Mons. Peyron, visibilmente smarrito, mi disse di salire all’ultimo piano dove si trovava la camera di don Matteo e di altri due Sacerdoti che si trovavano lì di passaggio. Divorai le scale ma più salgo e più colpisce alla gola un’aria satura di gas: “ Mio Dio! Cosa è successo?” Entro nella camera di don Matteo, spalanco la finestra, mi chino su don Matteo e noto che un filo di sangue fuoriusciva dall’angolo della bocca! Con tutte le mie forze faccio ripetutamente pressione su quel povero corpo nella speranza di rianimarlo. Troppo tardi! Don Matteo era morto!!! Forse il decesso risaliva a qualche ora prima, come constatato poi dal medico.

Corro nelle altre camere a spalancare le finestre, i Sacerdoti sono vivi e si dibattono vomitando per liberarsi del gas ingerito. Fu un momento, a dir poco, angosciante!

“Perché questo?”: era sulla bocca di tutti, ancora increduli!

Spiegare la dolorosissima situazione vissuta mi risultava impossibile!

La causa che ha determinato questa tragedia era da attribuirsi a una carente manutenzione, richiesta ed effettuata, in modo erroneo, da un idraulico, il giorno precedente.

Ricordo ancora in modo vivissimo la compostezza e la serenità che erano espresse sul viso di don Matteo, aveva la corona stretta nella mano, certamente stava  pregando la Vergine che tanto amava!

Mons. Vescovo precisò poi che don Matteo, la sera precedente, non aveva cenato, di conseguenza il gas aveva invaso totalmente lo stomaco provocando la morte per asfissia.

Da notare un fatto avvenuto la sera prima: una nostra Assistente dei bambini era scesa in cattedrale per un momento di preghiera, era notte avanzata; lì trovò don Matteo raccolto in preghiera e gli chiese di confessarla. Al rientro nella “Casa del Niño” Edith, con visibile gioia e riconoscenza, ci disse che don Matteo le aveva comunicato tanta pace e serenità da farle sperimentare un po’ di paradiso…certamente frutto della sua profonda fede e costante unione con il Signore!

Avrei molte cose da dire in proposito, preferisco lasciare la parola a tante persone che, con noi, hanno vissuto questo doloroso dramma…

Don Matteo è diventato il nostro protettore e con i bambini lo pregavamo di vegliare su tutti noi.

 

Nuovi arrivi

 

Nel 1966 giunsero in Patagonia due nostre sorelle: Rita Mottura e Ritina Comiotto. Il loro arrivo ci diede tanta gioia! Il loro campo di lavoro era Sarmiento, una cittadina a 160 Km. di distanza, dove già operava un Sacerdote italiano della Diocesi di Fossano.

Rita e Ritina iniziarono, fin da subito, un lavoro capillare: visite alle famiglie nei numerosi “barrios” della periferia per conoscere la reale situazione di penuria generalizzata. Con un paziente e costante impegni insegnavano alle donne i primi e rudimentali lavori di cucito nel loro stesso ambiente domestico, le stimolavano a curare l’igiene personale dei bambini e delle loro casupole, finchè iniziarono presso una sala della parrocchia un mini-laboratorio di taglio e cucito.

Le Missionarie inizialmente confezionavano abiti per i loro figli con stoffa appositamente portata.

In questo incontro, essendo le donne più ricettive, Rita comunicava loro quanto fosse importante l’amicizia fra di loro, per poi arrivare alla bellezza dell’amicizia con Gesù, catechesi spicciola ma che arrivava al cuore di queste mamme.

Nel tempo videro sorgere una nuova costruzione, il sogno di Rita diventava realtà, quanto aveva lottato per giungere a questo! Nasceva così la cooperativa del “Choique” che fu certamente un’opera  grandiosa per gli abitanti di Sarmiento in quanto offrì alle donne una possibilità concreta di lavoro che ha contribuito a migliorare la loro vita familiare, tanto carente.

La cooperativa, detta in castigiano “taller”, fu attrezzata con diverse macchine elettriche, indispensabili per l’esecuzione dei lavori. Le donne si sentivano fortemente motivate diventando loro stesse partecipanti nella condivisione delle entrate. Il lavoro non mancava: si eseguivano ordinazioni fatte dai militari per le loro divise, dalle scuole per i grembiulini, dalle imprese per le tute degli operai. Inoltre arrivavano anche ordinazioni da parte di privati per confezioni varie.

Annesso alla cooperativa c’era il negozietto per l’esposizione dei lavori eseguiti e per la vendita.

Le Missionarie curavano con dedizione e capacità questa nuova opera di promozione umana e sociale; in Sarmiento era l’unica fonte di lavoro per le donne meno abbienti per cui le autorità, sia del Governo Centrale che quello locale, diedero pieno riconoscimento a questa opera.

Inoltre questo lavoro preparava un terreno più fertile per l’evangelizzazione che le Missionarie non trascuravano mai.

Infatti era rilevante l’attività delle Missionarie nel campo della catechesi, sia in Sarmiento, che nei villaggi della estesa Pampa, come in tutte le attività loro richieste.

La loro casa era veramente “aperta” a chi era in ricerca di aiuto materiale, di un consiglio, di un conforto. Noi, da Comodoro, sia Missionarie che Sacerdoti, guardavamo con compiacimento a Sarmiento come punto di riferimento per una giornata di riposo, di ricarica fraterna  tanto benefica per i momenti di stress.

 

Con Rita e Ritina sono giunti in Comodoro Rivadavia don Giovanni Canale e il giovane Romano Allasia, entrambi fossanesi.

Don Giovanni sarà nominato molto presto, parroco di Maria Ausiliadora; sacerdote di vasta cultura, soprattutto di grande preghiera, entusiasta e ricco di giovinezza interiore; innamorato della natura che contemplava con ammirazione scoprendo l’opera e l’impronta del Creatore. Curò i suoi fedeli nella formazione e nella crescita della fede e della carità; i fedeli lo amarono e seguirono con amore. Tornò in Italia dopo 15 anni di generoso servizio.

Romano Allasia fu collaboratore di don Giovanni Pettiti (giunto a Marzo del 1963) a Sarmiento. Si dedicò in particolare ai giovani e fu proprio in questo suo servizio che, dopo qualche anno, maturò il desiderio di essere tra loro, non solo come amico e capo scout, ma sacerdote. Il 17 ottobre del 1981 fu ordinato sacerdote dal Vescovo di Comodoro Rivadavia e dal nostro Vescovo di Fossano, Mons. Severino Poletto, venuto per questo evento, in visita ai sacerdoti e Missionarie Diocesane che operavano in Patagonia.

 

Un evento straordinario

 

Nell’ottobre del 1967 la Diocesi di Commodoro Rivadavia, di recente costituzione, ha vissuto uno straordinario evento : l’Ordinazione Sacerdotale di un giovane venuto da oltre oceano.

Come potevamo noi Missionarie non essere coinvolte nella gioia e nella gratitudine per un dono così grande ? Si tratta di don Giovanni Nota il quale, compiuto il terzo anno di Teologia nel Seminario di Fossano, su richiesta e indicazione di Monsignor Peyron, nel 1966, venne a terminare gli studi di Teologia nel Seminario di Buenos Aires. Venne ordinato Sacerdote da Mons. Peyron il 14 ottobre del 1967 nella Cattedrale di Comodoro Rivadavia. E’ indescrivibile la solennità e la partecipazione da parte di tutta la popolazione ! La presenza della mamma e del papà, insieme alla sorella Elda, giunti dall’Italia, ha reso maggiormente commovente la funzione. Si leggeva, sul volto delle persone, un misto di gioia e di sorpresa insieme a tanta gratitutidine per il primo Sacerdote Diocesano che il Signore donava alla Chiesa di Comodoro !

Don Nota, nel suo ministero sacerdotale, fin dall’inizio, ha fatto scelte molto impegnative nei quartieri più poveri, tra gli indigeni lungo la Cordigliera delle Ande e in varie altre attività pastorali della Diocesi, privilegiando la promozione umana e l’evangelizzazione.

Inoltre don Nota ha offerto accompagnamento spirituale alle nostre sorelle argentine, dedicandosi con grande disponibilità.

 

Anno 1968

 

Altri due sacerdoti arrivarono a Comodoro Rivadavia per il servizio pastorale della Diocesi, sempre richiesti dal Vescovo locale : Don Giuseppe Piumatti e don Giovanni Chiabrando.

Don Giuseppe Piumatti, fossanese, anche lui Sacerdote di grande cultura, laureato in agraria si affiancò a don Giovanni Pettiti, col quale fondò la Scuola Agraria Giovanni XXIII in Sarmiento: un’opera di notevole utilità e importanza per la zona dove l’agricoltura non aveva nessun sviluppo, che ebbe un lodevole riconoscimento e un discreto sostegno dal Ministero dell’Agricoltura.

Furono centinaia i giovani che si formavano a questa scuola che, in seguito, passò al Governo.

Don Giuseppe Piumatti fu direttore di tale scuola distinguendosi per le sue capacità, ma soprattutto, per la bontà e semplicità nel ricoprire anche i servizi più umili e semplici.

Suoi preziosi collaboratori furono Romano Allasia e Osvaldo Uberto, venuto dall’Italia per offrire il suo servizio. Don Giuseppe ha poi svolto il suo ministero sacerdotale da vero Missionario, accompagnando la comunità parrocchiale in una crescita umana e spirituale considerevole.

Don Giovanni Chiabrando, saluzzese di Diocesi, condivise con i Sacerdoti fossanesi una intensa vita di collaborazione, di fraternità, di lavoro, animati dalla comune ricerca della volontà di Dio.

Aveva già offerto il suo generoso servizio a favore dei minatori italiani in Francia, per 14 anni, con la collaborazione delle nostre Missionarie Diocesane, da lui richieste. In comunione con il suo amico don Giuseppe Piumatti si dedicò ad un nuovo campo di Missione : la lontana Patagonia, anche qui su invito del Vescovo di Comodoro Rivadavia. Don Giovanni Chiabrando fu un grande tessitore di comunione, lavorando intensamente nel silenzio e nell’umiltà. I fedeli lo amarono veramente, forse anche per il suo stile di povertà ritenuto dai parrocchiani, e non solo, illuminato consigliere; fu parroco della Cattedrale per breve tempo, scelse poi la periferia, dove tutto era da costruire : le pareti della chiesa, ma soprattutto la Comunità-Chiesa con tutte le iniziative proprie di una parrocchia.

 

Passano gli anni…

 

Intanto  i bimbi della Casa del Niño crescono e si rende urgente una nuova casa per accogliere le ragazze ormai adolescenti ed avviarle ad una scuola superiore e ad una professione. A questo punto mi viene chiesto di dare seguito alla nostra esperienza in un’altra realtà : la Casa della Giovane, mentre alla Casa del Niño altre due signorine, giunte dall’Italia, proseguiranno l’assistenza ai bambini.

A questo punto non posso dimenticare il caro don Giovanni Chiabrando che ha ideato, fatto costruire e sempre sostenuto la Casa della Giovane. E’ anche lui che ha provveduto ad avviare i ragazzi della Casa del Niño, giunti nell’età dell’adolescenza, ad un lavoro.

Ecco l’inizio di una nuova avventura, anche questa fortemente impegnativa ! Le ragazze che ci erano affidate, nell’età dell’adolescenza, richiedevano una guida comprensiva, ma altrettanto ferma. Con l’aiuto del Signore e di un gruppo di persone che condividono questa responsabilità, un Sacerdote, un medico, una psicologa e una coppia di sposi, diamo inizio a questo nuovo cammino. Alle prime adolescenti provenienti dalla Casa del Niño si unirono altre giovani che, a causa della lontananza (specie quelle provenienti dalle riserve indigene) o per problemi diversi, erano private della scuola o della possibilità di un apprendistato. Sperimentai che anche alla Casa della Giovane, ero chiamata a vivere la maternità spirituale, donandomi senza riserve, dedicando molto tempo all’ascolto e al discernimento per far fronte ai problemi che via via emergevano, sostenuta ed affiancata dall’equipe con la quale collaboravo.

 

Anno 1971

 

Impegno dopo impegno giungiamo al 1971. Quali sorprese il Signore avrà in riserbo per noi in questo nuovo anno ?

La prima sorpresa toccherà a Pinuccia la quale viene eletta come Responsabile Generale dell’Istituto per cui le viene richiesto un urgente rientro. Questo sarà il primo scossone per la nostra piccola Fraternità ! Rinnoviamo la nostra fede nel Signore Gesù, seppure un po’ scossa, nella certezza che Dio è con noi e non dobbiamo temere, Lui non ci abbandona !

Sempre all’inizio di quell’anno viene rivolta all’Istituto, una richiesta da parte di un Vescovo del Camerun (Africa) che manifesta il bisogno urgente di personale infermieristico per i tanti ammalati di lebbra e tubercolosi presenti nella sua Diocesi.

A questo punto, Franca, che portava in cuore questo desiderio da tempo, si rende disponibile. Lascia la Casa del Niño, torna in Italia e si recano, insieme a Maria Ballario, ad Anversa per frequentare un corso di specializzazione in malattie tropicali.

 

Anche per Teresa avviene un cambiamento : essendo diminuito l’impegno alla Casa del Niño, in seguito all’arrivo di due signorine italiane e al diminuito numero di bambini, Teresa andrà a Sarmiento e potrà così affiancare Rita Mottura nella conduzione della cooperativa di taglio e cucito; e lo farà con bravura ! Inoltre si dedicherà alla catechesi e alle visite alle famiglie povere nei barrios.

 

 

 

Rientro in Italia…

 

Anche per me è in arrivo una novità: sono invitata a rientrare in Italia. Il motivo ? Un Vescovo brasiliano, già in contatto con Mons. Giorgio Canale, ha presentato una urgente richiesta per un vasto campo di missione e di evangelizzazione nella sua Diocesi, nella quale inoltre, un bel gruppo di giovani ha manifestato il desiderio di conoscere la vocazione alla Consacrazione Secolare, vissuta nel mondo.

Pinuccia, Responsabile Generale con il suo Consiglio, ritenne che questa richiesta dovesse essere accolta. Per questo si rendeva opportuno il mio rientro in Italia per un tempo di preparazione e per acquisire la lingua portoghese e le conoscenze necessarie per l’inserimento nella realtà brasiliana.

Sembra relativamente semplice adesso descrivere questi passaggi, che in realtà sono state un po’ delle rivoluzioni in seno alla nostra Fraternità e nell’ambiente che ci circondava ed hanno richiesto un’adesione sofferta e abbondantemente irrorate dalle lacrime…i tagli sono sempre dolorosi, e lo sono stati anche per noi ! E’ stato uno spogliamento che ha portato con sé un po’ di smarrimento.Ciò nonostante non abbiamo mai perso di vista la motivazione profonda, sostenuta dalla fede, di questa avventura umano-divina che il Signore aveva condotto in tutti questi anni. Eravamo certe del disegno d’amore che Dio aveva, come Padre buono, predisposto per noi e per le persone con cui saremo venute a contatto allo scopo di farci crescere come donne Consacrate  al Suo Amore e al servizio dei fratelli : è Lui che ferisce, ma è anche Lui che cura, con tanto amore le nostre, ferite !

Certo, amavamo ormai la nostra Patagonia e i suoi abitanti, in particolare i nostri bimbi ora cresciuti; le nuove sorelle Argentine già presenti ed anche quelle che il Signore, nella sua bontà, avrebbe donato al nostro Istituto. Amavamo già quella terra arida, quel vento che ci sferzava con le sue potenti raffiche: ma tutto nella vita è provvisorio, è una tenda che, presto o tardi, sarà sollevata per essere piantata altrove.

 

Anno 1972

 

Alla mia partenza dalla Casa della Giovane è giunta, dall’Italia, Maria Calandri : sarà suo ardo e responsabile impegno accompagnare le giovani, nel loro cammino di crescita, alla Casa della Giovane. Più tardi, nel 1974, si unirà a lei Bianca Battaglino che la affiancherà in questo delicato servizio. Questa condivisione ha fatto sì che tra Maria e Bianca si creasse una profonda e consolidata amicizia. Lo Spirito Santo non ha mancato di illuminarle e sostenerle con la sua luce e il suo amore.

Insieme a Maria Calandri giunse dall’Italia anche Caterina Beraudo che andò a Sarmiento : lì si dedicò con tanto amore a visitare gli anziani della Casa di Riposo; inoltre si recava presso le famiglie più povere e disagiate della periferia per conoscerle nel loro ambito di vita e soccorrerle nelle loro più urgenti necessità. Caterina si impegnò anche nella catechesi e collaborò con Rita Mottura nella cooperativa di taglio e cucito.

Sempre nel 1974 giunse in Argentina Vittoria Casanova che, come maestra di taglio e cucito, collaborò attivamente, anche se per un breve periodo, al“taller” con Rita Mottura, lasciando un ricordo molto bello in chi l’ha conosciuta.

 

Che emozione… !

 

Nel 1995, in occasione di un mio viaggio a Comodoro Rivadavia, in visita alle sorelle argentine, fui colta di sorpresa da un evento di straordinaria tenerezza, organizzato dagli stessi “bambini” ormai cresciuti, già genitori o nonni, della ex “Casa del Niño”.

Tutto è avvenuto a mia insaputa: il “passaparola” ha funzionato in modo incredibile, i più lontani sono stati raggiunti radio e tv locali; intanto i residenti in città hanno predisposto, in un gran salone del centro, l’incontro di tutti gli ex con abbondanti e succulenti cibi, dolci e bevande in abbondanza.

Non mancò la musica; ma di tutto questo movimento io ero all’oscuro. Verso le 16 del pomeriggio arrivò un taxi alla porta della casa, scese un signore sui 25-30 anni che disse a Mariuccia : “Sono venuto a prendere Pina” ; alchè io uscii e questi mi disse : “Se lei mi conosce le dò un passaggio con mia moglie e mio figlio”. Rimasi impietrita, non riuscendo a mettere a fuoco né la persona, né quello che stava succedendo. Ricordo che mi raccolsi un momento e poi gli buttai le braccia al collo esclamando : “Oscar !” Sì, era lui ! Non sto a descrivere ciò che il mio cuore stava vivendo : altrochè extrasistoli ! Ci avviamo in macchina, non sapevo dove mi avrebbe portata. Chiesi a Franca Ambroggio, giunta con me dall’Italia, di venire con me, anche perché ero un po’ stordita. Arrivati al salone mi giunge all’udito uno scrosciare di battimani ! Forse in quel momento mi si è accesa la lampadina ed ho intuito quello che stava succedendo ! Una bimba mi offrì un mazzo di fiori ed allora scoppiarono gli abbracci, i baci; lacrime di gioia scorrevano su tutti i volti. Ricordo che ho dovuto togliere gli occhiali per dare libero sfogo a tutti loro di stringermi tra le braccia. Erano tanti, tanti da non poterli contare : adulti, nonni, mamme e papà con i loro figli. I bambini sbucavano da tutte le parti, belli e sereni; anche loro volevano baciare la “nonna” venuta dall’Italia ! Gli uomini si dilettavano a fare le fotografie. Tutti gli adulti volevano essere identificati con il loro nome e, povera me, se qualcuno mi sfuggiva !

La mia pena grande in quel momento era l’assenza di Teresa e Pinuccia a quell’incontro. Ma questo non sfuggì all’attenzione di Mariuccia che inviò un fax in Italia per informare di quanto stava accadendo. Immediatamente Teresa e Pinuccia risposero ed io potei così leggere a tutti la loro partecipazione piena di affetto, di gioia e di riconoscenza. Non solo erano presenti gli ex bambini, ma c’era la Casa del Niño al completo, compreso il personale che aveva con noi collaborato.

E’ impossibile trasmettere l’esperienza vissuta in quelle ore e i sentimenti provati; ancora oggi li porto intimamente nel cuore.

 

 Testimonianze

 

Lascio ora la parola ad alcune testimonianze, spulciate tra le tante, degli stessi nostri piccoli della “Casa del Niño”, che, cresciuti e già padri, mamme, nonni, hanno voluto inviarci, con nostra grande sorpresa e commozione, dopo tanti anni dalla nostra partenza da loro.

 

  • “Carissima mammina Pina…ringrazio Dio per aver conosciuto te e le altre Missionarie. Voi mi avete insegnato l’amore che trasmetto ora ai miei figli; grazie a Dio e a voi, ho una famiglia bellissima alla quale sempre parlo di voi… Mi tremano le mani al pensiero che questa lettera arriverà nelle vostre mani.

Con affetto anche a Franca, Teresa e Pinuccia”.                 

                                                                                                                  M. Eugenia Catriquil

 

  • “Care, ci siete state vicino negli anni più difficili. Allora mi pareva che nessuno ci ascoltasse, ma ora mi rendo conto che ci amavate davvero. In questi giorni ho dormito poco, pensavo alla mia infanzia : mia madre mi aveva abbandonata. Grazie a voi ho imparato ad amare, ho una base ferma e sicura dei miei sentimenti; amo la vita, amo i miei fratelli della “Casa del Niño”, i loro figli e tutte le persone che mi circondano. Vi devo ringraziare per la bellissima infanzia che ho avuto.                                                 

                                                                                                                            Norma Nauto

 

  • “Carissima Pina, grazie per i momenti stupendi che hai fatto passare a mia mamma, spero che anche a te resti un bel ricordo di questo incontro. Molte grazie per tutto.

 

                                                                                                               Laura, figlia di Norma

 

  • “Carissima Pina, ricordo questo : quando ero piccola mi hai dato l’amore di madre, mi hai insegnato il cammino dello studio, dell’amore al prossimo e soprattutto l’amore ad un “Essere” che io non conoscevo : nostro Padre, Dio. Un bacio.

                                                                                                                              Irene Aranda

 

  • “Voglio molto bene a tutte : Teresa, Franca, Josefina, Pina e le ricordo con molto affetto. A tutte un bacio enorme e molte grazie per tutto l’amore che ci hanno dato proprio nel momento in cui ne avevamo più bisogno; sarò loro riconoscente per l’eternità.

Racconto alle mie bambine quello che ho vissuto alla “Casa del Niño” ed esse mi dicono : “Come ci piacerebbe stare alla “Casa del Niño” !

Abbiamo avuto veramente un’infanzia felice, nonostante l’assenza della mamma dalla più tenera età. Pedro, mio marito, vi vuole bene come ve ne voglio io”.

                                                                                                                     Miriam Almonacid

 

  • “Carissima Pina, oggi sono rinata un’altra volta a 42 anni…Sei stata lo strumento divino che ha curato le ferite della mia anima maltrattata…Ora sono una donna felice, che affronta il cammino della vita con gioia, riconoscente ogni giorno al Signore che ti ha messo sulla mia strada. Anche se adesso non sei più al mio fianco, sei stata colei che ha segnato la mia vita… Hai saputo trovare la misura giusta in modo che nessuno si sentisse emarginato o preferito.

Se dovessi nascere di nuovo chiederei di nascere a otto anni, quando tu sei arrivata nella mia vita…Alle mie figlie, Maite e Camila, sono riuscita a trasmettere quello che tu hai dato a me : tutto l’amore, la tenerezza e la comprensione che sapevi dare…

Credo di poter riassumere in questa frase i miei sentimenti : GRAZIE ! GRAZIE ! MILLE GRAZIE ! Ti voglio bene !

                                                                                                                           Marta Albarnoz

 

  • “Carissima Pina, i ricordi della mia infanzia sempre mi portano a pensare a voi tutte con le quali ho passato bellissimi momenti. Non dimenticherò i consigli che mi avete dato e neppure i momenti di angustia che vi ho fatto passare io, riconosco di essere stata una figlia ribelle. Sempre ricordo il tuo sorriso e le parole di conforto.

Pina, Josefina, Franca e Teresa : le mamme che asciugarono le nostre lacrime e ci insegnarono ad amare Dio e il prossimo. Grazie per averci presenti nel ricordo e nella preghiera. Grazie per averci insegnato il buon cammino, grazie perché pensate ancora ai vostri figli che, nonostante la distanza, vi restano nel cuore.

La Vergine Maria vi benedica e, in questo Natale, Gesù ravvivi la fiamma dell’amicizia.

Vi amo.

                                                                                                                              Renata Uribe

 

  • “Pina sempre ricordo le marachelle che facevo…Oggi ho ancora bisogno di te, perché mai finiamo di crescere. Tu sei stata la mia mamma, grazie per avermi educata ed avermi insegnato il buon cammino.

                                                                                                                           Isabel Mooney

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a Dio…il cammino continua

 

La ricca esperienza argentina che ho vissuto nella nostra piccola “fraternità” con Teresa e Pinuccia, continua attraverso un bel gruppo di vocazioni locali e due missionarie italiane, una a Comodoro Rivadavia e una a Sarmiento. La presenza delle Missionarie Diocesane in Patagonia è cresciuta come numero ed è rilevante sia a livello ecclesiale che sociale.

 

Desidero ringraziare il Signore Gesù per averci sostenute con tanta bontà e pazienza e aver manifestato la sua forza nella nostra debolezza. Infatti non sono mai venute meno in noi la gioia e la pace, anche nei momenti più difficili, attraverso una intensa e perseverante preghiera.

 

Il cuore è colmo di riconoscenza!

 

Grazie a Te, nostra amata Vergine e Madre, che ci hai custodite con materna delicatezza trasmettendoci il tuo Cuore materno per amare questi bimbi che ci sono stati affidati.

 

Grazie a te, don Stefano : tu hai offerto la vita perché noi potessero nascere come donne consacrate in una famiglia spirituale, e lì crescere per annunciare l’amore di Cristo Gesù al mondo.

 

Grazie a te, Mons. Canale, nostro Padre Assistente : ci hai fatto dilatare il cuore ad un amore sconfinato per Cristo e per la sua Chiesa, tanto da farci abbracciare il mondo e spingerci, nella nostra piccolezza, a vivere l’esperienza missionaria.

 

Grazie alle nostre Responsabili: ricordo in particolare Lucia Manassero che ci ha accompagnate in questi dieci anni, visitandoci più volte, ci ha sostenute e incoraggiate nel nostro impegno, anche attraverso la corrispondenza.

Grazie a tutte le sorelle dell’Istituto che ci hanno fatto sentire la loro vicinanza attraverso l’affetto, la preghiera e aiuti concreti…

 

Voglio ancora esprimere la mia gratitudine alle carissime sorelle argentine, quelle della prima ora e quelle che si sono unite nel tempo, e a quelle che Gesù vorrà chiamare nel futuro…

Gli ambiti della loro presenza sono diversi : sanitario, ecclesiale, educativo… con generoso e qualificato impegno.

Mi avete edificata con la vostra generosità e il vostro amore alla vocazione.

Continuiamo il nostro cammino in profonda comunione in Gesù, Eterno Sacerdote, e in Maria nostra Madre amatissima.

A tutte voi passiamo il “Testimonio” !

 

Mi permetto di riportare qui un pensiero che don Mario Picco, nostro Assistente per appena un anno, ci ha offerto in un corso di Esercizi Spirituali :

 

Che bello ! Dovete essere felici, contente, piene di entusiasmo di essere consacrate nel mondo, contemplative nel mondo… tutte di Dio e e tutte degli uomini, per far prendere voglia di Dio al mondo !

 

 

 

 

Mariuccia Lingua

 

Non è stato facile decidere di partire per la Patagonia ma la Parola di Dio mi ha guidata nel discernimento : Proverbi 3, 5-6 “confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a Lui ed Egli appianerà i tuoi sentieri”.

Abbandonarmi alla volontà che il Signore mi manifestava, mi riempì il cuore di pace e di serenità. Ho iniziato a confrontarmi con la mia Responsabile e con il mio confessore. Anche Mons. Vescovo voleva sapere perché di questa scelta: io lavoravo in Seminario come cuoca; ciò voleva dire lasciare un servizio nella Diocesi di Fossano per partire per la Patagonia.

Intanto il Signore continuava a guidare i miei passi; ebbi un colloquio con il Vescovo, il quale mi disse : “Mariuccia, la devi fare questa esperienza”. Sono tornata a casa con il cuore esultante di gioia.

Sono partita da Fossano nel Novembre del 1984; dopo una breve sosta in Brasile giunsi a Comodoro Rivadavia il 5 Dicembre dello stesso anno. Sentivo che la Parola di Dio (Proverbi 3, 5-6) continuava a guidarmi…

Comincio ad imparare la lingua per poter comunicare con le persone, incomincio a visitare le famiglie nel “barrio” l008 (milocio) che il parroco mi aveva affidato. Il pensiero che mi dominava era : quando sarà che qui potremo riunirci come Comunità ! Passo dopo passo, con l’aiuto di qualche giovane del posto, cominciammo ad organizzare il catechismo nelle famiglie, a preparare le catechiste con le quali abbiamo fatto la prima riunione in una famiglia. In questa occasione venne anche Padre Chiabrando in quanto io non avevo ancora una completa conoscenza della lingua. Le catechiste, a questo primo incontro, erano 15; al ritorno Padre Chiabrando mi disse :”Che meraviglia tante catechiste ! Pare che sia passato un aratro nella 1008”!

Andando avanti il Signore ha compito miracoli; dal deserto che c’era in ambito religioso, è nata una comunità viva, certamente grazie ai diversi Sacerdoti che si succedettero.

Il “Plan de Pastoral” è stato una grazia grande per tutta la Diocesi, così anche nel nostro piccolo “barrio” composto da 5000 famiglie. I frutti sono stati abbondanti : numerosi laici hanno iniziato a impegnarsi nei diversi servizi alla Comunità, le persone hanno iniziato a interessarsi dei vicini…

Posso dire di aver impegnato tutte le capacità che il Signore mi ha donato, convinta che il Regno di Dio si costruisce andando in cerca della pecorella smarrita. Certo, tutto questo lavoro di apostolato è stato animato dalla mia donazione al Signore per mezzo della Consacrazione: ogni passo, ogni incontro lo offrivo al Signore perché fosse Lui ad arrivare al cuore di ognuno.

Maria, la Madre e la Regina degli Apostoli, custodisca il nostro cammino verso Suo Figlio Gesù.

 

Bianca Battaglino

 

La mia presenza in Patagonia va dal 1974 al 2007. Per quindici anni ho lavorato alla “Casa della Giovane”, collaborando con Maria Calandri. Non è stato un periodo facile, ma ricco di tante grazie e doni che solo il Signore può elargire. La maggior parte delle ragazze che ci erano affidate avevano un’età compresa tra i 12 e i 18 anni e provenivano dalla “Casa del Niño” dove avevano ricevuto una buona formazione e soprattutto l’affetto di cui avevano estremo bisogno.

Io e Maria abbiamo cercato di dare amore, tanto più che queste giovani non avevano avuto l’affetto dalla famiglia di origine, molti non sapevano chi li aveva messi al mondo…Era il mio sogno stare con gli orfani, anche perché io ero una di loro…

Ho sentito personalmente che questa era una chiamata di Dio: ero chiamata dall’Amore per amare, pur sapendo che avrei incontrato molte difficoltà in quanto le ragazze erano nell’età dell’adolescenza. Ma la certezza che Dio non ci abbandona e ci dona la grazia necessaria mi ha permesso di mettere al loro servizio tutta me stessa. Mettevo a loro disposizione il mio tempo, la mia attenzione ascoltando i loro problemi, educandole al lavoro e allo studio, soprattutto amandole. Alcune hanno proseguito gli studi e tra loro ci furono anche dottoresse, assistenti sociali, insegnanti, infermiere…altre si impiegarono in professioni varie : sarte, parrucchiere…

In missione ho capito che non esistono vacanze, che non si può perdere tempo…Ho sperimentato che è più quanto si riceve che quanto si dona…e questo in particolare dai poveri e dagli umili, dalle persone semplici.

In conclusione di questa mia esperienza sento di rendere grazie a Dio per questa chiamata e all’Istituto, di cui sono felice di far parte, che ha avuto fiducia in me nonostante la mia povertà.

Tutto è opera di Dio…per questo GRAZIE PER TUTTO E PER SEMPRE !

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